Appunti a margine dello spettacolo

Ci vuole un fisico bestiale…….

Ma non basta, ci vuole entusiasmo, costanza, voglia, ma in particolare bisogna attivare due parti importanti del nostro corpo: la testa e il cuore.

Stiamo parlando dello spettacolo messo in scena da quella strana coppia indigena, già benvoluta dalla cerchia di amici, ma ancora poco conosciuta fuori dell’ambiente, che rispondono ai nomi di battesimo di Emanuele e Luca.

Il vicesindaco Avagnina nel suo intervento introduttivo li ha definiti “i Garinei e Giovannini della nostra terra”; subito si è pensato ad una “sparata da comizio elettorale”, ma al termine dello spettacolo a tutti è apparso un esempio calzante, perché senza andare a scomodare dei mostri sacri, la piece è apparsa originale, simpatica, divertente, ma soprattutto frutto di un buon connubio tra la volontà di stupire e di mettere a servizio dell’esteta le qualità nascoste di tanti ragazzi diversamente “anonimi” (non nel senso vuoto del termine, ma ragazzi normali, bravi studenti, ma senza preparazione alcuna di palco, di scena e di voglia di apparire).

Dicevamo, ci vuole testa, quella parte superiore del nostro corpo, che troppe volte ci dimentichiamo di far funzionare, per “immaginare, concepire”, non per “copiare, o peggio ancora da lasciare gestire ad altri”. Troppo facile adagiarsi su lavori altrui e adattarli alle proprie esigenze, il bello è creare un qualcosa e poterlo condividere. Senza voler essere stucchevoli, ma alcune scene meritano la pena di essere viste: una su tutte, la scena degli incubi di Francesca. Un’ottima idea, gestita sapientemente, con una buona coreografia e sostenuta in modo encomiabile dal cast. E cosa dire della rivisitazione in diretta della scena del crimine, con la presenza in palco in contemporanea di due opposte ricostruzioni d’ambienti. Ottime idee, personali, originali, non copiate.

Ma ci vuole anche e soprattutto cuore. Il coinvolgimento di una comunità, quella dei giovani roretesi è un qualcosa che commuove. Si poteva “lavorare meglio, più comodamente, senza troppe persone intorno”, chiamando a se dei “bravi dilettanti già provati dalle scene”. La volontà di fare lavorare tutti quelli che si “offrivano” alla piece, di trovare a tutti un “ruolo, farli diventare co-protagonisti del progetto” è encomiabile.

Si è coinvolto così interi nuclei famigliari, dando un vero senso ad una cittadina, trasformandola di fatto in una vera comunità, con due obiettivi: uno “ufficiale”, di organizzare lo spettacolo, l’altro più nascosto, ma più importante e pregnante, quello di fare uscire la gente dalle proprie case, di parlare, di condividere un progetto, di vedere nel “vicino di casa”, un amico con il quale passare ore a parlare, provare, e magari condividere una fetta della giornata insieme.

Un’esperienza da raccomandare, da coltivare e incentivare.

Bravi ragazzi: Emanuele Barale e Luca Antonelli in primis, a Pino Bonura un bravo per essere sempre presente, ma non vorrei dimenticare che tutti, dagli attori alle ballerine, e giù, sino all’ultimo dei cantori, ai musicisti, dalle sarte alle truccatrici, tutti sono stati bravi nelle loro parti, strumenti e interpreti di un progetto encomiabile.